giovedì 26 giugno 2008

Norma certa, Giurisprudenza incerta.

Ritengo che l'art. 190 c.p.c. non ponga alcun problema interpretativo. La sua formulazione è chiara e inequivocabile. Eppure, anche a fronte di una norma, la cui formulazione è ineccepibile, si è formata una Giurisprudenza di merito a dir poco aberrante e contraddittoria. Intendo riferirmi alla Sentenza del Tribunale di Roma del 06 gennaio 2007, la quale ritiene inammissibile il deposito della memoria di replica, qualora la stessa parte non abbia provveduto, prima, al deposito della comparsa conclusionale. Scrive il Tribunale: “Il convenuto non risulta infatti aver mai depositato una comparsa conclusionale, di talché il deposito della c.d. “replica” si traduce in fatto nella possibilità per il convenuto di depositare la propria conclusionale dopo il deposito di quella dell’attrice, il che è inammissibile in quanto altera profondamente la logica processuale di cui all’art. 190 c.p.c.. Il deposito della replica non è infatti una facoltà che la parte può esercitare quomodo libet, ma è lo strumento processuale - come lo stesso lemma indica - per contrastare, replicare, alle allegazioni avverse. Ne consegue che il deposito della replica è soggetto alla condicio juris del previo deposito della conclusionale”.
Appare a tutti evidente che la comparsa conclusionale e la memoria di replica hanno natura profondamente diversa: la prima è uno scritto che riepiloga tutte le argomentazioni difensive, sia in fatto che in diritto, anche sulla base degli elementi emersi durante la fase istruttoria; la seconda, invece, è limitata alla contestazione delle argomentazioni svolte dalla controparte nella comparsa conclusionale e, quindi, ha come presupposto l'avvenuto deposito della conclusionale avversaria e non della propria.
In modo, a mio giudizio, aberrante e contrario al dettato legislativo, il Tribunale di Roma equipara sic et simpliciter la comparsa conclusionale alla replica, così dando per scontato l'eventuale intento dell'avvocato di depositare proditoriamente la conclusionale oltre il termine previsto dall'art. 190 c.p.c., al fine di impedire all'avversario di replicare.
E' evidente, peraltro, che, laddove il difensore non si limti soltanto a contestare le argomentazioni avversarie, ma formuli considerazioni a sé stanti, il Giudice non dovrà tener conto di queste ultime nella sua decisione, ma non potrà, solo per questo, ritenere inammissibile l'intera memoria di replica.
Ci auguriamo che tale decisione, così come poche altre pronunciate in precedenza dal Tribunale di Napoli e dal Tribunale di Termini Imerese vengano riformate nei successivi gradi del giudizio.

Avv. Alessandro Reggiani

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